Le hostess sul volo |
Il viaggio è stato veramente uno shock all’arrivo: dopo ore passate a dormire per passare dall’Europa all’Asia, è cominciata l’impresa che assomigliava ad una deportazione più che ad un atterraggio in un altro continente.
Le mie mani ai tempi del COVID |
Finite queste procedure, ottenuto il lasciapassare del tampone rapido, ci si doveva incolonnare in una immensa fila. La fila conduceva ad una serie di autobus. A gruppi si andava a riempire l’autobus successivamente disponibile, che portava in un albergo della città dove si sarebbe spesa la quarantena.
Davvero il non capire quello che ci dicevano e il non sapere dove si sarebbe finiti, faceva sembrare tutto irreale e molto prossimo alla deportazione. La cosa più brutta è che non siamo finiti neanche negli stessi alberghi con i colleghi con cui siamo partiti da Londra, visto che in tutta la trafila si finiva per capitare in posti diversi a momenti diversi, quindi imbarcati in un autobus differente.
La mamma è sempre la mamma |
E mentre io mi lavavo un po’ troppo spesso (addirittura più del mio già frequentissimo solito!) le mani e mia mamma metteva su un secondo orologio per capire a che ora del giorno mi sarei trovata da allora in poi, era passata una intera giornata dall’atterraggio a Guangzhou in mattinata all’arrivo nella (bellissima!) camera in cui avrei speso in totale solitudine i successivi quattordici alienantissimi giorni.
La mia camera di albergo |
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