giovedì 27 maggio 2021

Dall'Europa all'Asia

Le hostess sul volo
Il volo Londra – Guangzhou è stato davvero un’avventura, non tanto per il volo in sé in un aereo a due piani (mai visto prima nella mia umile vita basata solo su voli Ryanair!), ne’ per le hostess bardate come in un attacco nucleare, ne’ per le assurde paranoie nel pulire con salviettine igienizzanti e liquidi vari tutto il circondario, ne’ per la mascherina FFP3 tatuata in faccia per ore e ore (le stigmate proprio in faccia!), ne’ per i giorni di streak su Duolingo persi a causa del fuso orario (ma poi inspiegabilmente recuperati quando mi sono connessa con il laptop che non aveva ancora aggiornato l’orario!), ne’ tantomeno per le TRENTACINQUE sterline spese per aver soltanto connesso per un nanosecondo il mio telefono ad internet all’arrivo, per mandare due messaggi WhatsApp.

Il viaggio è stato veramente uno shock all’arrivo: dopo ore passate a dormire per passare dall’Europa all’Asia, è cominciata l’impresa che assomigliava ad una deportazione più che ad un atterraggio in un altro continente.

Le mie mani ai tempi
del COVID
In piccoli gruppi venivamo fatti scendere dall’aereo, trasportati da una navetta aeroportuale in una grande sala, dove numerati e allineati, dovevamo essere sottoposti alle varie procedure aeroportuali e al tampone rapido. Il numero di persone che parlavano inglese tra il personale dell’aeroporto era irrisorio, quindi linguaggio ad interpretazione libera per tutto il tempo.

Finite queste procedure, ottenuto il lasciapassare del tampone rapido, ci si doveva incolonnare in una immensa fila. La fila conduceva ad una serie di autobus. A gruppi si andava a riempire l’autobus successivamente disponibile, che portava in un albergo della città dove si sarebbe spesa la quarantena.

Davvero il non capire quello che ci dicevano e il non sapere dove si sarebbe finiti, faceva sembrare tutto irreale e molto prossimo alla deportazione. La cosa più brutta è che non siamo finiti neanche negli stessi alberghi con i colleghi con cui siamo partiti da Londra, visto che in tutta la trafila si finiva per capitare in posti diversi a momenti diversi, quindi imbarcati in un autobus differente.

La mamma è sempre la mamma
In albergo stessa trafila burocratica con Google Translator a cercare di aiutarci per capire le regole e le disposizioni di quella che sarebbe stata la nostra “prigionia” di due settimane.

E mentre io mi lavavo un po’ troppo spesso (addirittura più del mio già frequentissimo solito!) le mani e mia mamma metteva su un secondo orologio per capire a che ora del giorno mi sarei trovata da allora in poi, era passata una intera giornata dall’atterraggio a Guangzhou in mattinata all’arrivo nella (bellissima!) camera in cui avrei speso in totale solitudine i successivi quattordici alienantissimi giorni.

La mia camera di albergo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

 

 

 

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La capitale dell'Inner Mongolia